La storia registra fatti compiuti, a prescindere se la forza (da dovunque essa provenga) si appropria, quando la situazione lo consente, di una debole richiesta d’aiuto e la trasforma in ragion di Stato. Il Regno d’Italia s’è costituito così: traendo essenza da deboli, ma diffusi, segnali d’insofferenza che si sono canalizzati nel consenso internazionale . Il cugino ( Vittorio Emanuele II ), prima promittente aiuto, affronta il cugino (Francesco II, passato alla storia come Franceschiello) e, con le armi e col prezzo di oltre quattromila cadaveri , gli toglie il potere e se ne impossessa.
Più che un fatto ( politicamente ammesso ), l’unificazione italiana, fu un misfatto (umanamente aberrante).
E da tale misfatto si costituì un regno, che ebbe vita quanto una persona: un’ottantina d’anni, e di contro ebbe origine un poco significante movimento pro Borboni impropriamente definito " brigantaggio politico " , malamente coordinato dal barone Achille Cosenza, che si battè contro le istituzioni del Regno d'Italia, appena costituito.
Differente, nella forma e nella sostanza, dal meglio strutturato e organizzato "brigantaggio comune", composto da volgari banditi, che da sempre aveva afflitto il meridione d'italia e da sempre era stato cambattuto dai Borboni e dai loro predecessori.
L'effimera resistenza filoborbonica, in moltissimi casi e per varie ragioni , venne assorbita dal brigantaggio comune formando un tuttuno con esso, dando luogo ad atti collettivi di delinquenza a sfondo politico-sociale,che si concretizzarono mediante violenza armata alle persone e alle proprieta'.
Questo complesso e variegato movimento di resistenza popolare, organizzato in bande autonome, perseguendo diverse finalità, insorse per difendersi dalla politica di stile coloniale dei Savoia, che non aveva saputo guadagnarsi il sostegno e la fiducia del ceto medio del Mezzogiorno continentale, acutizzando quella crisi economica, endemica nelle regioni del sud, che ancora oggi rappresenta il nocciolo della cosiddetta "questione meridionale".
Vittorio Emanuele II rispose con una spietata e sproporzionata repressione operata, in luoghi diversi e con diverse modalità, dai generali Solaroli,Fanti,Pinelli, Della Rocca e dal più determinato e feroce di tutti: il generale Cialdini, che nella nostra provincia, appena costituita, attuo' durissime repressioni e rappresaglie.
Il territorio del Comune di Apollosa , per la sua conformazione collinare poco boscosa, di ridotta superficie territoriale e per la stretta vicinaza ai centri urbani di Benevento e Montesarchio, fu poco adatto per essere utilizzato come base logistica dalle formazioni banditesche , mentre fu oggetto di continue e sanguinose incursioni predatorie ad opera di bande provenienti prevalentemente dal Monte Taburno e dai territori montani di Cautano e Vitulano. Sfogliando le delibere delle neonate Giunte Municipali dell'epoca si notano molteplici richieste di aiuto alla Guardia Nazionale, per il presidio delle masserie del territorio comunale continuamente oggetto di saccheggi e in alcuni casi di rapimenti.
Occorre appena ricordare che i briganti non furono tutti partigiani del re, nè furono tutti banditi di strada, pur tuttavia è singolare come le due diverse anime siano convissute a volte nella stessa persona. E' il caso del sottotenenete della Guardia Nazionale di Apollosa Nicola Meoli, condannato dal Tribunale Militare di Guerra di Caserta per aver fornito, in piu' occasioni , al capo brigante Andrea De Masi di Bucciano, detto Miseria, e al capo brigante Luciano Martino di Cautano, operanti nei territori montani del Taburno - Camposauro, importanti notizie sulla dislocazione delle truppe governative in ambito locale e ragguagli sui movimenti di denaro e persone da sequestrare.
Nell'estate del 1863, proprio a seguito di un'azione congiunta delle bande " Miseria " e " Martino" , su precise e dettagliate indicazione del sottotenente Meoli, avvenne il sequestro a scopo estorsivo del diciottenne Giacinto , figlio del facoltoso farmacista di Apollosa Agnello Guadagno.